Il caso Lanzetta in 5 mosse (a parte Fazio)

oliverio

Il paradosso dei paradossi si è materializzato martedì, nell’edizione di mezzanotte del Tg3 regionale: copertina dedicata alla squadra – nata già “dimezzata”, in attesa di revisione dello Statuto di qui a 60 giorni – del neogovernatore della Calabria Mario Oliverio, poi si torna in studio per leggere il take battuto meno di mezz’ora prima dalle agenzie: «Maria Carmela Lanzetta non farà parte della giunta regionale della Calabria. Ad annunciarlo stasera, con una dichiarazione all’Ansa, è stato lo stesso ex ministro degli Affari regionali».

Effettivamente l’unica donna della mini-giunta di centrosinistra in quel servizio non appariva. È il caso di dimissioni più veloci della – già di per sé tormentata – storia politica della Calabria. Regione chiamata al voto a novembre dopo che il presidente uscente, Giuseppe Scopelliti (inizi nel Fronte della Gioventù, poi berlusconiano infine alfaniano), imputato di abuso e falso ai tempi in cui era sindaco di Reggio, lo scorso marzo era stato condannato a 6 anni di reclusione con interdizione perpetua dai pubblici uffici.

Ieri sera, a Reggio Calabria Lanzetta parlava e Nino De Gaetano – la causa del suo niet, come noto – ascoltava in prima fila: si era alla presentazione di un libro. Poco fa, l’ex sindaco antimafia di Monasterace è rientrata da protagonista nell’agone politico, anzi mediatico, dalla porta principale: il salotto di Fabio Fazio. «Nel discorso che ho avuto con il presidente Oliverio – ha detto a “Che fuori tempo che fa”, introducendo la serie cult “Gomorra” – ho manifestato il mio entusiasmo a tornare in Calabria, mi era stata affidata una delega collegata al mio ministero. Dissi di sì con molta felicità. Ieri mi sono dimessa, come avevo promesso. Per undici mesi ho lavorato da ministro ma con un occhio attento ai territori e al Sud». Fazio non strappa il riferimento a De Gaetano ma fa scivolare una domanda su «buoni e cattivi che spesso si confondono». «L’importante – è la risposta – è stare dalla parte delle regole, fare la scelta giusta e rimettersi in discussione». Frasi che avranno qualche ripercussione, ma anche no in queste ore di “mattarellizzazione” dei media – e quindi dei social.

Ieri il faccia a faccia (da mancati colleghi a perfetti sconosciuti: zero dialogo) con De Gaetano a Reggio. Oggi l’intervista a “Che fuori tempo che fa” prima di Gomorra

1) Lanzetta: non ne so nulla, anzi accetto, anzi no
A parte la comparsata tv e il fermo-immagine imposto dalla tre giorni quirinalizia (Renzi, Delrio etc. avevano altro a cui pensare), cos’è cambiato per Lanzetta nell’arco dei 4 giorni iniziati con un dubbio («Oliverio non mi ha proposto nulla», sabato scorso), proseguiti con un ok («Metterò tutto il mio impegno e la passione nel nuovo incarico in una fase cruciale per le scelte che determineranno il futuro dello sviluppo economico e sociale della Calabria», lunedì, dopo l’incontro a Roma con Renzi) e finiti con un no irreversibile ufficializzato a mezzanotte meno un quarto? Martedì: «Presenterò formalmente le dimissioni da ministro venerdì mattina dopo aver presieduto l’osservatorio sulle Regioni e la conferenza Stato-Regioni. Dopo avere parlato con Matteo Renzi e dopo aver approfondito la questione con Graziano Delrio riguardo all’accettazione della mia presenza nella giunta regionale della Calabria, ringraziando fortemente Mario Oliverio, ho deciso di non fare parte dell’esecutivo. Non c’è chiarezza sulla posizione di Nino De Gaetano, pur avendolo conosciuto come assessore regionale impegnato nella difesa dei lavoratori precari».

«Ero felice di tornare in Calabria, ma come promesso ieri mi sono dimessa da ministro». Nessun riferimento preciso al caso De Gaetano, nonostante la domanda su «buoni e cattivi»

2) Voto di scambio? L’ex sindaco antimafia punta i piedi
Lanzetta – citata nel pantheon bersaniano nella celebre sfida tv pre-primarie di fine 2012, poi nominata ministro da Renzi come a fare un dispetto a Civati, che Lanzetta aveva appoggiato nelle primarie 2013 in cui trionfò il futuro premier – ha dunque motivato la sua decisione facendo un chiaro riferimento a De Gaetano: per il reggino – 38 anni a giugno, inizi in Rifondazione, poi passato nel Pd da cui non è stato candidato alle ultime Regionali causa doppio mandato in Consiglio, eppure ripescato da Oliverio in giunta – la squadra mobile di Reggio Calabria aveva richiesto l’arresto, poi respinto dal gip, per voto di scambio politico-mafioso in occasione del voto del 2010. Una vicenda da ultimo balzata agli onori delle cronache a seguito di un provvedimento giudiziario emesso il mese scorso dal gip di Reggio Calabria su richiesta della locale Direzione distrettuale antimafia nell’operazione “Il Padrino”. Mercoledì il neoassessore regionale ai Lavori pubblici, ai Trasporti e alle Infrastrutture ha ribadito: mai ricevuti provvedimenti cautelari, sono pronto a dimettermi se emergessero reati a mio carico.

Citata in tv da Bersani (2012), poi alleata di Civati (2013), infine nominata da Renzi (2014). La settimana – di passione – dell’ex ministro che fu assessore per poche ore

3) De Gaetano non è indagato ma è pronto a dimettersi
Il caso non può che avere ripercussioni anche a Roma. L’Ansa di martedì sera riportava – senza virgolettati – un messaggio del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Graziano Delrio, in cui si chiedevano a Oliverio chiarimenti sulle «vicende di voto di scambio con al centro lo stesso De Gaetano, anche se quest’ultimo non è indagato». È lo stesso De Gaetano a replicare, il giorno dopo, in tempo per il Tg3 Calabria delle 14: «Preciso di non essere stato mai destinatario di informazione di garanzia, né di alcun provvedimento cautelare, atteso che dagli atti giudiziari – ampi stralci dei quali sono stati già pubblicati dalla stampa locale e nazionale… – emerge come, correttamente, i magistrati non abbiano condiviso la prospettazione accusatoria della squadra mobile, ritenendo insussistente la gravità indiziaria nei miei confronti. Ribadisco piena ed incondizionata fiducia nella magistratura, rappresentando sin da ora – come ho fatto subito dopo la nomina al presidente Mario Oliverio – pur nella consapevole certezza di essere totalmente estraneo ai fatti, la disponibilità a rassegnare le dimissioni da assessore – per il bene della mia Regione – qualora dovessero emergere profili di reità a mio carico».

4) Gli altri volti della mini-giunta
Comunque dovesse andare a finire il caso Lanzetta, la “mezza giunta” potrebbe essere rivista appena in Consiglio passerà, in seconda lettura, la modifica allo Statuto voluto dal centrodestra al governo: dall’assetto con 3 assessori interni e altrettanti esterni, la nuova maggioranza governativa vorrebbe optare per un totale di 7 assessori senza alcuna distinzione tra eletti ed esterni. Intanto Oliverio aveva posto fine a uno stallo durato oltre due mesi (il 23 novembre il voto regionale), da sommare allo stand-by forzato del Palazzo dopo la condanna a Scopelliti: a Lanzetta erano state affidate le deleghe Riforme istituzionali e Semplificazione amministrativa, Pari opportunità, Cultura e Pubblica istruzione; al pd Carlo Guccione, il consigliere più votato della Calabria (14.797 preferenze), Lavoro, Formazione professionale, Attività produttive e Politiche sociali. Discorso a parte per Enzo Ciconte (12.643 voti), designato vicepresidente e assessore a Bilancio, Personale e Patrimonio: il medico catanzarese – già candidato presidente alla Provincia con il centrosinistra, poi loieriano (nella precedente legislatura è stato capogruppo di “Autonomia e diritti” e di “Progetto democratico”), e nel mezzo candidato sindaco centrista, poi ritiratosi, 3 anni fa a Catanzaro – è stato prima bersaniano, poi renziano e infine cuperliano. Come Oliverio. Ma qui siamo già nel campo della politica.

Dalla condanna di Scopelliti ai due mesi di “vacatio” del dopo-voto fino ai tre giorni romani di Oliverio: a marzo farebbe un anno lo stand-by della Regione…

5) La Calabria in stand-by e la versione di Oliverio
Perché nel frattempo la politica viene messa da parte, almeno per ora, e al presidente (a Roma per dimenticare, prima che per eleggere Mattarella, e magari per chiarirsi coi vertici dem) resta in mano la patata bollente di un caso che dimostra come le istituzioni in Calabria siano troppo spesso zavorrate alle “cose di ‘ndrangheta”: mentre si consumava la rottura eclatante dell’ex amministratrice antimafia in polemica con il (mancato) collega chiacchierato, è stato per Oliverio un segnale inequivocabile derubricare tra i primi atti del suo nuovo corso l’annuncio di far costituire la Regione parte civile nei processi di mafia. Nel frattempo, il presidente eletto con oltre il 60% ha incassato pure il sostegno di Renzi («Io sto col Pd calabrese e con Mario Oliverio. Sono rispettoso della vostra autonomia») e, prima della trasferta capitolina da Grande Elettore, s’è anche tolto lo sfizio di chiarire: «Ne ho parlato con Renzi di nominare Maria Carmela Lanzetta nella giunta e con lo stesso ex ministro ho avuto un colloquio sabato; da lei ho avuto l’assenso a che entrasse a far parte del governo regionale. Domenica sera ho annunciato la formazione della giunta. Se poi Lanzetta decide di non farne parte, bisogna rispettare la sua volontà, mi dispiace ma è così. Io ho nominato Lanzetta – ha concluso Oliverio – perché ritengo che con la sua presenza porti un’esperienza di governo che ha consentito un quadro di relazioni». Al di là della forma sibillina, da notare il verbo usato al presente.

Eugenio Furia
© AE

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